Epigram 8.16

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τέκνον ἐμόν, τὰ μὲν ἄλλα πατρὸς καὶ φέρτερος εἴης,
τὴν δ᾽ ἀγανοφροσύνην ἄξιος (οὔ τι πλέον
εὔξασθαι θέμις ἐστί): καὶ ἐς βαθὺ γῆρας ἵκοιο,
τοίου κηδεμόνος, ὦ μάκαρ, ἀντιάσας.

— Paton edition

Figlio diletto, vorrei che migliore tu fossi del padre,
nella mitezza pari a lui: di più
augurare è vietato. Che a piena vecchiezza tu giunga!
Tanto patrono - te beato - avesti.

— Pontani, Filippo Maria (1978-81) (ed.): Antologia Palatina, 4 vols., Torino.

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#1

τέκνον εμον: Gregorio il Vecchio, che è il padre, si rivolge al figlio; il verso si ritrova in Carmi, II, 2, 5, II, ma il tema è topico, cfr. Iliade, VI, 479; Sofocle, Aiace, 550. την αγανοφροσυνην: vocabolo omerico attestato solo due volte (Iliade XXIV, 772; Odissea, XI, 203) in identica posizione. τοιου κηδεμονος: la scelta lessicale è molto fine; infatti, mentre in Iliade, XXIII, 163, 674, il vocabolo indica "chi si prende cura di un morto", in questo caso Gregorio, con evidente ribaltamento, fa riferimento all'aiuto che il padre può offrirgli anche da morto. Per il tutto, cfr. Edizione Conca et Marzi 2009.

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