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"text": "C’era Ermete, il dio dalla magica verga d’oro, tirava con la mano destra i lacci dell’alato calzare. La gamba destra era piegata, su di essa era poggiata la mano sinistra e la sua faccia era rivolta verso il cielo, come se stesse ascoltando gli ordini del padre. Apuleio osservava attentamente gli impronunciabili segreti della saggia Musa latina. \nL’italiana sirena lo crebbe devoto della ineffabile sapienza. \nPoi si innalzava la sorella di Febo, Artemide che vaga per i monti. Non reggeva nessun arco, né sulla schiena recava la faretra; aveva la veste da vergine orlata di frange tirata fino alle ginocchia e i capelli liberi, senza alcun velo, sciolti al vento. \nIl bronzeo Omero era quasi vivo, non priva di inventiva né di pensiero; non aveva solo la voce divina, mostrava l’impeto dell’ardore sacro della tecnica scultorea.\nLa colata di un bronzo così realistico era degno delle sembianze della dea: no, io non credo e non penso che un essere umano, seduto nella propria fucina, abbia forgiato la statua di bronzo: l’ha plasmata con le sue mani la sapientissima dea Atena in persona, conoscendo bene il corpo che fu sua dimora, poiché proprio lei visse dentro il corpo di Omero, cantando quel canto sublime. \nCosì si ergeva, compagno di Apollo, il pari agli dei, lui, padre mio, quell’Omero divino. Sembrava un uomo vecchio, ma di una anzianità così dolce da dargli come uno strato ancor più ricco di grazia: un miscuglio di venerando e di caro, da cui risplendeva pudore.\nSul collo piegato del vecchio scendevano i capelli, che erano gettati indietro, intorno alle orecchie liberi e morbidi; in basso la barba morbida e soffice cadeva abbondante, tutta intorno al mento: non era rigida, a punta, ma larga, distesa, tesseva un intreccio di grazia al petto nudo come all’amabile viso.\nLa fronte era nuda; ma sopra la testa calva era seduta la Sapienza nutrice di giovani; e l’arte ingegnosa plasmò le due sopracciglia prominenti: le sue pupille erano prive di lucentezza eppure a vederlo, come a me sembra, non era un cieco: negli occhi vuoti stava seduta la grazia. \nL’intento dell’arte fu forse quello di rendere nota la luce alta e viva, che mai si estingue, del genio, presente nel cuore di Omero. Da entrambe le parti si infossavano appena le guance, contratte dalle rughe della vecchiaia; ma la Verecondia nativa delle Grazie consorte v’era di casa. Intorno alle labbra volteggiava un’ape Pieria (cfr. Anth.Pal II, ) impregnata di gocce di miele dolcissimo. Con le due mani, poggiate l’una sull’altra,si sosteneva con un bastone come si fa tra i vivi. L’orecchio destro inclinato sembrava sempre ascoltare Apollo, sembrava che forse udisse una musa nei dintorni. Assomigliava ad un pensatore tutto raccolto in se; la mente,tramando la cantica marzia della Sirena pieria, vagava di qua e di là dai profondi segreti del genio versatile.",
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