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"text": "Descrizione delle statue del ginnasio\n pubblico detto Zeusippo\n\nC’era Deifobo, primo, sull’altare delle belle sculture,\n ritto, ardito, cinto dell’elmo, un eroe possente,\nche, davanti alla dimora dei padri, che già era rovinata, affrontò Menelao (nella bellica foga proteso).\nEra in piedi come un uomo che avanza senza disciplina:\nera obliquo, la schiena contratta nell’impeto, curva, concentrava una forza violenta; rotava lo sguardo \ncon prudenza verso la furia dei nemici. \nNella sinistra lo scudo, proteso in avanti; la destra\nalta brandiva la spada: la mano piena di ardore era pronta \na trapassare con la spada le carni di chi l’affrontava: \nalla follia la natura non rese seguace quell’arma.\n Eschine, figlio di Atene, gioiello di saggia Lusinga, lampeggiava, contratta la guancia rotonda, pelosa, gareggiando in frenetici agoni pubblici, era aggravato infatti con fitti pensieri. \nPresso di lui c’era Aristotele, campione di sapienza:\nin piedi, teneva strette, conserte le braccia; neppure nel muto bronzo stava la mente inattiva: l’aspetto sembrava \ndi un tale concentrato nel suo riflettere perenne: \nuna foga equilibrata d’ambivalenti pensieri tradivano le guance contratte e s’indovinava una moltitudine \ndi idee da mutevoli sguardi.\n E spiccava la tromba del grande oratore Peanio, padre sapiente d’eloquio melodioso, che un giorno ad Atene arse la saggia fiaccola di Peitho, lusinga di animi. Non fingeva calma, ma densi volgeva i pensieri, infatti sembrava mulinare una moltitudine di idee nella mente, come aguzzato, contro gli armati Macedoni, a lotta.\nCertamente avrebbe levato la voce scattante e rancorosa, facendo parlare una statua muta; ma la tecnica scultorea \ngli aveva sigillato le labbra con silenziosi strati di bronzo.\nC’era il tragediografo che prendeva il nome da Euripo: \nmi sembrava che parlasse con le Muse della tragedia \nnel profondo segreto del cuore, cercando la giustizia: \nil suo aspetto non era diverso da quando scuoteva \nil teatro di Atene con i tirsi.\nIl profeta Palèfato, indossando una corona d’alloro, spiccava e sembrava emettere dalla bocca la voce del destino.\nQuindi Esiodo di Ascra sembrava parlare alle Muse \ndelle montagne, forzava il bronzo con l’ispirazione poetica per dar voce alla piena divina del canto.\nIn seguito, c’ era Polido, un altro profeta con i capelli ornati dall’ alloro di Apollo: voleva urlare i responsi divini \ndell’ oracolo; ma gli era stato negato dall’ arte, come ammutolito da un vincolo.\nTu, Simonide, non placasti la tenera brama del canto: cerchi sempre una corda, ma non imbracci più la divina cetra. \nChi ti creò doveva versare nel bronzo delle dolci note: rispettosa, l’ immobilità del bronzo avrebbe così \ndato ai tocchi ritmici la replica dei canti.\n",
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